Corpi da spiaggia: sguardo collettivo e sguardo correttivo sui corpi non conformi

Non è un mistero: gli effetti benefici della vacanza vengono da lontano, e non si avvertono solo al momento del check-in albergo. Il primo assaggio del viaggio avviene tramite le ricerche sulla destinazione, la scelta degli itinerari, o, semplicemente, quando si inizia a fantasticare sulla meta agognata. Ma l’anticipazione dell’esperienza non si limita a questi aspetti, ritenuti gradevoli da molte delle persone che viaggiano. Ne esiste uno meno visibile e, potenzialmente, meno piacevole, spesso associato alla vacanza: la preparazione del proprio corpo.

Quale che sia la destinazione, o il mezzo con cui ci spostiamo, i nostri corpi si confrontano con richieste e attività nuove, per loro natura o per i contesti diversi in cui sono svolte, con un coinvolgimento e una visibilità maggiori rispetto a quanto siamo abituatə. Per questo, preparli a essere esposti, così come si prepara un bagaglio o un itinerario, è un rituale condiviso per molte persone in partenza. C’è chi lo fa con motivazione e propositività, e chi lo vive con apprensione e spiacevolezza. Quello che è certo, è che tuttə, almeno una volta, ci siamo sentitə richiamatə all’ordine dall’imminente protocollo estivo della prova costume.

Vacanze per pochə

La prova costume è parte di un immaginario collettivo sul turismo che eleva l’esperienza di viaggio a dimensioni di completa libertà e fantasia, dove è possibile abbandonare regole e consuetudini e comportarsi in modi che non sono concessi a casa. Questa narrazione positiva e piacevole offre l’opportunità di rifugiarsi in un mondo nettamente diverso dalla quotidianità scandita da regole e rigide aspettative, apparentemente in contraddizione con la richiesta performativa di un corpo da spiaggia. Nella promessa di un’esperienza da sogno, tuttavia, non si può ignorare che le immagini ideali finiscano, a loro volta, con l’originare norme proprie che, in quanto tali, limitano corpi e modi di essere.

L’ideale di vacanza, d’altra parte, ci condiziona su cosa può essere definito bello e piacevole, sulle attività da svolgere, sulle aspettative (personali e non) da soddisfare: in sintesi, sui modi di essere. Tra questi elementi trovano spazio anche i nostri corpi.

O meglio, alcuni corpi.

Per tutte le persone protagoniste di copertine di riviste di viaggi, o che ci sorridono dall’home page del sito internet della nostra destinazione dei sogni, ce ne sono altrettante (anzi, di più!) escluse, per via dei loro corpi.

Corpi grassi, disabili, trans*, corpi non bianchi, corpi sbagliati, che non hanno superato la prova costume, o a cui, addirittura, la prova costume non viene nemmeno imposta. E, in un attimo, ci troviamo di fronte a standard che sembrano gridare che le vacanze sono, in verità, un lusso per pochə.

Vendere un sogno… a caro prezzo

Non sorprende che nel pubblicizzare le mete turistiche, le scelte ricadono su immagini di persone felici, sorridenti e – apparentemente – in salute, che si godono un’esperienza speciale. Come sarebbe altrimenti possibile vendere un sogno?
D’altra parte è difficile non riconoscere che nella promozione di simili immagini sono veicolate implicite dinamiche di potere. La natura della vacanza risente fortemente della nostra personale lettura dell’iconografia del turismo. L’atteggiamento che assumiamo verso le persone e i luoghi del turismo è influenzato da una geografia dell’immaginazione dove il confine tra ideale e reale è sottile e sfumato. Nel costruirla, ci affidiamo agli stereotipi di luoghi e persone in cui può essere più semplice identificarsi. Ma i modelli vanno oltre a questo, plasmando anche l’immagine stessa dellə turista in termini di performance attese.
A mancare, nel rappresentare (e quindi nell’immaginare) il turismo, sono quasi sempre persone disabili, con corpi grassi, con espressioni di genere non conformi, in terza età (e altro ancora). Le donne, benché rappresentate, lo sono quasi sempre in termini fortemente (etero)sessualizzati, come se il consumatore medio del prodotto fosse necessariamente l’uomo eterosessuale. Specialmente, quando si parla di soggiorni balneari. 

Corpi da spiaggia

La tendenza del marketing del turismo è quella di rappresentare la spiaggia come il luogo per eccellenza in cui esporre il proprio corpo mettendolo a nudo (sì, il gioco di parole è intenzionale), con connotazioni innegabilmente sessuali. Il corpo abbronzato “femminile”, abile, tonico, che risponde alle aspettative e alle norme culturali dominanti, non solo è un elemento centrale dell’immaginario della spiaggia, ma assume – pericolosamente – uno status di oggetto: il ricorso alla promessa implicita della sessualità riflette le dinamiche relazionali di potere. Lə turista che si spinge a far mostra del proprio corpo sulla spiaggia, infatti, sta virtualmente offrendosi per passare al vaglio di chi condivide con ləi quello spazio. Visto in questi termini, il corpo diventa l’oggetto di un potente sguardo collettivo e correttivo, che incoraggia le persone alla responsabilità di avere il controllo dei propri corpi, affinché siano piacevoli, fruibili, conformi; corpi che abbiano superato la prova costume, insomma. 

Potenziali dei corpi

Il turismo è costruito come un momento di fuga e di libertà, benefico per la salute fisica e mentale. Tuttavia, nessuna vacanza può definirsi uno spazio neutrale, perché si popola inevitabilmente degli standard idealizzati propri della persona, e del contesto in cui si svolge. Il tema della normatività dei corpi va oltre il turismo, e richiede un cambiamento culturale ad ampio raggio.

Nel frattempo, però, l’industria del turismo, e la società tutta, possono impegnarsi a promuovere immaginari alternativi a quelli dominanti, incoraggiando, così, l’adeguamento degli spazi alle varie necessità dei corpi, e l’avvio di un processo di liberazione dei corpi stessi.

Potremo iniziare ad allontanarci dalla corsa agli standard da soddisfare, anteponendo, a livello sociale, il potenziale dei nostri corpi, a quelli che sono ritenuti i loro limiti.

Bibliografia

Jordan, F. (2007). Life’s a beach and then we diet: Discourses of tourism and the ‘beach body’ in UK women’s lifestyle magazines. In A. Pritchard, I. Ateljevic, N. Morgan, & C. Harris (Eds.), Tourism and gender: Embodiment, sensuality and experience (pp. 107–125). Wallingford, Oxon: CABI Publishing.

Small, J. (2016). Holiday bodies: Young women and their appearance. Annals of Tourism Research, 58, 18-32.

Sitografia

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